Presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale contro le discriminazioni nello sport
null Presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale contro le discriminazioni nello sport
Presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale contro le discriminazioni nello sport
20 ottobre 2022
Questa mattina è stato presentato a Roma il rapporto pilota “Le discriminazioni nel mondo dello sport”, realizzato dall’Osservatorio Nazionale contro le discriminazioni nello sport, promosso dall’ UNAR - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri , Uisp e Lunaria.
“Si tratta del lavoro svolto dall’Osservatorio tra giugno 2021 e lo stesso mese del 2022 - ha detto in apertura Duccio Zola, vicepresidente di Lunaria - realizzato da una rete territoriale di antenne di rilevamento. Questo rapporto ci dà uno strumento in più per raccogliere dati concreti. Su questa base sarà possibile avviare strategie di contrasto al razzismo e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica”
Mattia Peradotto, direttore generale dell’UNAR, ha sottolineato il significato dell’impegno dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali: ”oggi presentiamo il primo report dell’ Osservatorio che rappresenta una novità anche in Europa, attualmente sprovvista di un organismo dotato di strumenti adeguati per monitorare e fornire un’analisi precisa sulle discriminazioni in ambito sportivo, in particolare su quello amatoriale e dilettantistico. Ciò consente al nostro Paese di proporre strategie efficaci e all’avanguardia e attraverso un’attività di sensibilizzazione e formazione, promuovere, soprattutto nei giovani, la cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché la prevenzione e il contrasto di ogni tipo di violenza e di discriminazione nell’ambito sportivo.
Spesso si parla di elementi discriminatori nello sport professionistico e si tende ad intervenire soltanto in quell’ambito. In realtà lo sport di base può essere uno strumento efficacissimo di superamento delle discriminazioni, a difesa delle differenze. Per contrastare un fenomeno occorre conoscerlo e misurarlo: questo importante rapporto ci aiuta in questa direzione. Il lavoro dell’Osservatorio sarà molto utile anche nei prossimi anni, per dare continuità ad un’attività di monitoraggio per fare dello sport uno dei volani di contrasto alle discriminazioni, per una società più giusta e inclusiva. Per questo è importante aver creato l’Osservatorio e ringrazio per questo Uisp e Lunaria”.
Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp, ha sottolineato l’importanza della creazione di reti che coinvolgano istituzioni e associazioni sociali e sportive. “Come movimento sportivo, sociale e di base, stiamo vivendo un periodo di grande difficoltà - ha detto Pesce - per garantire una ripresa normale delle attività e il diritto allo sport per tutte le persone. Il nostro è un impegno quotidiano per la dignità delle persone e per trasmettere modalità di comportamento, in campo e fuori, improntate all’inclusione, alla coesione sociale, contro ogni disuguaglianza, nella valorizzazione delle differenze”.
Agnese Canevari dirigente UNAR e Fernando Fracassi referente UNAR per l’Osservatorio, hanno ricordato il sociologo Mauro Valeri, al quale si deve il primo impulso per la nascita dell’Osservatorio. Hanno inoltre sottolineato l’importanza di reti sociali di collaborazione che si sono raccolte intorno all’impegno istituzionale di UNAR, sia a livello nazionale, sia territoriale.
Grazia Naletto, responsabile migrazioni e lotta al razzismo dell’associazione Lunaria, ha presentato i risultati del Rapporto: “L’obiettivo è stato quello di far emergere tutte le discriminazioni, anche quelle che spesso rimangono sotto traccia. E’ stato realizzato un data base sulla base delle esperienze, dei sistemi di monitoraggio e di classificazione dei tre enti coinvolti, ovvero UNAR, Uisp e Lunaria. C’è stata la fase di formazione degli operatori locali e poi è stato dato il via alla raccolta dei dati. Al termine c’è stata l’elaborazione dei dati raccolti tra il 2021 e il 2022. Complessivamente sono stati rilevati e analizzati 211 casi, classificati in violenza fisica, violenza verbale e danni alle cose. Gran parte delle discriminazioni tendono a rimanere nell’invisibilità, tuttavia abbiamo cercato di dare rilevanza a tutti i casi di discriminazione, rilevando che sono riferite alle origini nazionali o ‘etniche’ (40,3 %), ai tratti somatici delle vittime (37,9%). Altri moventi rilevati: il genere (10%), lo stato di abilità (3,8%), l’appartenenza religiosa e l’orientamento sessuale (1,4%). Dal punto di vista degli aggressori, nei casi documentati, è emersa la prevalenza di gruppi di tifosi (36,5%), giocatori (31,8%), altri (10%), dirigenti sportivi (9,5%). Rispetto alle denunce di casi di discriminazioni subite, va detto che il 20% ha deciso di non denunciare, mentre il 66% ha deciso di denunciare alle autorità competenti e il 14% ha deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto”.
Se questo è il quadro, che fare? “Il Rapporto si conclude con alcuni suggerimenti di lavoro - ha detto Grazia Naletto - innanzitutto introdurre una sorta di ‘obbligo’ di segnalazione all’UNAR, poi sviluppare iniziative culturali e sportive contro le discriminazioni; riforma della legislazione di cittadinanza e le norme di diritto sportivo che escludono gli atleti e le atlete privi di cittadinanza italiana; promozione di ampie campagne di sensibilizzazione che coinvolgano i mondi dell’informazione e della scuola”.
Daniela Conti, responsabile Politiche cooperazione e interculturalità Uisp nazionale, ha sottolineato l’importanza della rete di monitoraggio, richiamando la necessità di formare e sensibilizzare di più alcune figure, come quelle degli arbitri, nel calcio e negli altri sport, nel cogliere, nel saper decodificare i fatti di discriminazione che avvengono in campo e sugli spalti, nel saper intervenire tempestivamente. Dal Rapporto emergono altri dati da analizzare, come ad esempio comprendere le motivazioni per cui le denunce presentate dalle donne sono molto meno rispetto a quelle degli uomini. Probabilmente questa differenza non dipende dal fatto che realmente subiscono discriminazioni, ma dal trend che osserviamo anche a livello sociale, con le donne che non denunciano gli abusi per paura di non essere credute o prese seriamente in considerazioni.