La Cassazione boccia il sindaco di Adro: chi discrimina gli stranieri non può ripristinare l’uguaglianza togliendo agli italiani
null La Cassazione boccia il sindaco di Adro: chi discrimina gli stranieri non può ripristinare l’uguaglianza togliendo agli italiani
La Cassazione boccia il sindaco di Adro: chi discrimina gli stranieri non può ripristinare l’uguaglianza togliendo agli italiani
20 giugno 2018
Giunge al termine, con la sentenza indicata, una vicenda processuale particolarmente complessa che ha visto come protagonista il Comune di Adro (BS), già noto alle cronache per la decisione del sindaco, anch’essa sanzionata dal giudice, di tappezzare la locale scuola con i simboli della Lega.
Nel lontano 2009, nella fase di maggior diffusione dei provvedimenti comunali discriminatori, il Comune di Adro istituì un contributo al canone di locazione per le famiglie povere, riservandolo ai soli cittadini italiani.
Il Tribunale di Brescia – accogliendo il ricorso promosso dagli stranieri esclusi con il supporto di ASGI e CGIL Brescia – riconobbe il carattere illegittimo e discriminatorio dell’esclusione.
Preso atto che nel corso del giudizio il Comune s’era affrettato a distribuire la somma stanziata ai soli italiani, riconobbe ai cittadini discriminati la sola somma che sarebbe stata loro attribuita se lo stanziamento complessivo fosse stato sin dall’inizio suddiviso tra italiani e stranieri: in parole povere, agli italiani “arrivati per primi” era rimasta una fetta di torta più grande di quella riconosciuta ai cittadini discriminati, inseriti tra i beneficiari solo a seguito della causa.
A questo punto gli stranieri “parificati a metà” impugnarono la decisione: la Corte d’Appello di Brescia accolse il ricorso riconoscendo loro la medesima somma già pagata agli italiani, indipendentemente dal fatto che lo stanziamento di bilancio iniziale si fosse esaurito.
Nel frattempo il Comune aveva anche avviato le procedure di recupero contro gli italiani per pagare le somme agli stranieri, ma il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia affermò l’irripetibilità delle somme destinate a sopperire a esigenze primarie come il pagamento del canone di affitto.
Il Comune impugnò la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe errato nel non tener conto che l’ente locale aveva un potere discrezionale di valutare come ripristinare la parità di trattamento e che in tale potere rientrava anche la possibilità di non reperire nuove risorse e quindi di non dare ai discriminati la stessa somma concessa ai beneficiati dalla discriminazione.
La Corte di Cassazione ha ora respinto il ricorso dell’Amministrazione di Adro, riconoscendo la tesi fondamentale del giudice d’appello – e cioè che non esiste “un potere discrezionale dell’amministrazione di rideterminare il contributo al ribasso una volta che i fondi stanziati erano già stati interamente erogati”.
Resta l’amarezza di una vicenda costata ai cittadini di Adro (e non solo, se pensiamo alle attività messe in moto nei Palazzi di Giustizia, tra Brescia e Roma) quattro giudizi, con le connesse spese legali, e, soprattutto, con il connesso carico di conflittualità tra gruppi sociali in una cittadina di 7 mila abitanti. Il tutto per la consueta battaglia ideologica, come sempre persa, del “prima gli italiani”; e per un contributo che ammontava, per ciascun richiedente, a poche centinaia di euro.