null Intervista al direttore Triantafillos Loukarelis sul settimanale LEFT

Istituzione non può far rima con discriminazione

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09 agosto 2021

foto di un muro con murales

Intervista al direttore Triantafillos Loukarelis sul settimanale LEFT.

Direttore dal 2019 dell’ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar, in precedenza guidato da Luigi Manconi) Triantafillos Loukarelis sta facendo battaglie concrete e quotidiane in collaborazione con associazioni ed enti locali per contrastare le varie e molte forme di discriminazione che ancora segnano l’Italia di oggi. Alla luce di questo lavoro capillare e costante di studio e di monitoraggio dei territori gli abbiamo chiesto di aiutarci a tracciare un quadro della situazione attuale nella Penisola.

Loukarelis come è cambiata la mappa in questo anno e mezzo di pandemia? Con il distanziamento fisico immaginiamo sia stato più difficile individuare e raggiungere le persone discriminate, è così?

La dura lezione che ci ha inferto la pandemia purtroppo non è stata recepita come auspicavamo. Si è infranta la speranza iniziale di un comune obiettivo: “siamo tutti sulla stessa barca”, l’inno nazionale dei balconi… La realtà è che non ne stiamo uscendo migliori. Questo è ciò che emerge dal nostro osservatorio. Riavvolgendo i fili della storia dobbiamo ricordare che fin all’inizio della pandemia c’è stata una forte ostilità verso la comunità orientale, stigmatizzata quasi come se geneticamente fosse predisposta al Covid-19 mentre noi, chissà per quale trovata intelligente, ne saremmo stati esenti. Poi però per la quantità di contagi che ci sono stati in Italia siamo diventati noi gli untori agli occhi del mondo. A dimostrazione del fatto che bisogna sempre stare attenti a discriminare perché oggi tocca a un altro e domani potremmo essere noi i discriminati. Intanto, va sottolineato, sono ancora una volta i migranti ad essere indicati come il capro espiatorio di tutti i mali; vengono additati in questo modo ingiusto da un certo tipo di cultura che purtroppo c’è nel nostro Paese, una “cultura” politica che cerca sempre di dividere le persone.
C’è stata e c’è una forte disparità di possibilità di accesso al vaccino: i senzatetto, le persone che non hanno un domicilio sono state in gran parte escluse. È mancata quella responsabilità pubblica che doveva andare loro incontro? Le persone più vulnerabili, quelle più esposte e meno in grado di difendersi sono state abbandonate quando invece dovevano essere assistite, non solo perché è giusto, non solo perché è previsto dalla Costituzione, ma anche per salvaguardare la salute pubblica. Di fatto abbiamo emarginato ulteriormente i senzatetto, gli homeless, le persone rom e sinti, i migranti. Invece di farcene carico abbiamo fatto finta di niente. Basti dire che quando è stata avviata la distribuzione di beni alimentari e di buoni pasto con ordinanze della Protezione civile, ma anche con un investimento rilevante di 400 milioni di euro da parte dei Comuni, spesso sono stati stilati regolamenti e ordinanze che escludevano proprio le persone più fragili…