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Cori razzisti: stangata sulla Pro Pratia

News

11 settembre 2019

Nel mirino Bakayojo, il difensore della Pergolettese. Società costretta a sborsare cinquemila euro. La presidente: «Mi dissocio da questo tifo e ho già parlato con gli ultrà»

Cinquemila euro d’ammenda alla Pro Patria perché «i propri sostenitori, due volte durante la gara contro la Pergolettese apre una nuova finestra , indirizzavano cori di scherno di discriminazione razziale verso un calciatore della squadra avversaria».

Il giocatore si chiama Aboubakar Bakayoko, ha 26 anni, da due veste la maglia gialloblù della società cremasca e domenica è stato il perno della difesa della Pergolettese.

«I CORI? ALLA MEZZ’ORA»

«Gli insulti razzisti? Fra il 30’ e il 35’ del primo tempo».

A rispondere è lo stesso Bakayoko, al termine dell’allenamento mattutino di oggi, mercoledì 11 settembre.

«S’è trattato di un paio di episodi, uno in fila all’altro. Quei buu, oltre ad altri riferimenti più espliciti, li hanno sentiti anche i miei compagni, tanto che sono andati dall’arbitro. Lui ha risposto che aveva sentito e che l’avrebbe riportato nel referto. Poi però nella ripresa non è più accaduto. Del resto in queste categorie non capita di frequente venir bersagliato così: capisco l’insulto, lo sfottò e al limite – sorride – anche tirare in ballo la mia famiglia ma perché porendersela col cpolore della pelle? Soluzioni? Non saprei, anche in serie A ci sono problemi. Però più che punire le società, che già fanno fatica, bisognerebbe isolare i razzisti e tenerli fuori dallo stadio. Cetrto, nelle nostre categorie non è semplice ma non è neppure impossibile».

«NO AI RAZZISTI E…»

«Mi dissocio da ogni forma di razzismo e da chi scambia lo stadio per un posto in cui si possa aizzare la violenza. Già ieri sera ho chiamato il referente della curva, che però domenica non era allo stadio, per chiedere conto di quest’atteggiamento incivile e irresponsabile: chi vuole bene alla Pro Patria non la espone a stangate economiche e a eventuali gogne mediatiche».

Patrizia Testa non è tipo che le mandi a dire. Ne sanno qualcosa a Lecco, dove nel gennaio del 2018 la presidente della Pro Patria, nel bel mezzo di una conferenza stampa, fu accusata di «corruzione, furto e insolvenza» dal suo “collega” avversario. Accuse ancora rintracciabili su Internet, infondate prima che false apre una nuova finestra  e dunque calunniose, profferite coram populi, con tanto di offese irripetibili all’arbitro apre una nuova finestra .

Proprio ricordando quell’episodio la presidente si lascia andare a uno sfogo.

«Chiarito coi tifosi che non tollererò analoghe situazioni, vorrei sottolineare la discrepanza di sanzione tra due coretti idioti che dalla tribuna mi dicono che nessuno ha colto (lo conferma oggi Walter Pellegrini, addetto stampa della Pergolettese, ndr) e i 3500 euro d’ammenda che toccarono a quel dirigente tesserato che me ne disse di tutti i colori. Se si vuole combattere la violenza negli stadi, oltreché a certi ultrà, bisogna contrastare gli atteggiamenti inconsulti dei tesserati. Si tratta di coerenza».

IL RISCHIO DELL’IPOCRISIA

«Dopo di che – conclude la presidente dei tigrotti – andrebbe anche considerato che lo stadio è un luogo particolare, dove lo sfottò va contestualizzato e non esasperato. Non possiamo certo pensare che gli spettatori diventino di colpo statuine, né che gli stadi si trasformino in una sorta di silent disco. Con ciò non dico che la sanzione non serva come deterrente ma che oggi la sua applicazione non di rado risulta, se non disomogenea, poco comprensibile anche in termini educativi. Distinguere tra un buu a un avversario di colore e allo stesso verso fatto a un giocatore di pelle chiara può diventare una trappola ipocrita, in cui a pagare sono soprattutto le piccole società sane».

DA BOATENG A BAKAYOKO

Busto Arsizio non è una città razzista: lo dice la sua sempre più multiforme composizione etnica apre una nuova finestra .

Neppure il suo stadio è ricettacolo di frange razziste: lo dice la sentenza che ha scagionato gli autori dei cori contro Kevin Prince Boateng durante l’amichevole postanatalizia tra Pro Patria e Milan del 3 gennaio 2013. Restano però conseguenze mediatiche che una sentenza del giudice sportivo può scatenare: macchie solo in apparenza cancellabili pagando cinquemila euro.

«Per questo – conclude Patrizia Testa – ha voluto subito parlare col referente della curva. Chi ama la Pro Patria deve pensare prima di tutto a rispettarne i valori e lo si deve fare sul campo ma anche attraverso l’immagine pubblica della società: violenza e razzismo non ci appartengono».

(fonte https://www.prealpina.it apre una nuova finestra )