Giù le mani dai social network per sei mesi. Lo ha deciso il tribubale collegiale di Venezia ordinandolo a un cittadino di Portogruaro, il 44enne Roberto Spadotto, che in un commento su Facebook aveva suggerito una soluzione all’accoglienza ai profughi: “Che gli diano fuoco”. La vicenda è stata raccontata oggi da Ilaria Purassanta sul Messaggero Veneto apre una nuova finestra: per quella frase “scappata sulla tastiera” nel luglio 2017, l’uomo accusato di aver violato la legge Mancino con l’aggravante della discriminazione razziale “è stato ammesso alla ‘messa alla prova’ che consente la sospensione del processo attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità”. Oltre a tenersi a distanza di sicurezza dalla tastiera, per i prossimi sei mesi dovrà fare volontariato per 4 ore ogni settimana e dovrà anche versare una cifra simbolica, 200 euro, all’associazione “Noi migranti” di Portogruaro.
“Se adempierà a tutte le prescrizioni dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Venezia”, spiega il quotidiano citando il difensore, “il reato di cui è accusato sarà dichiarato estinto”. Per verificarlo, di tanto in tanto sarà convocato “per leggere e commentare alcuni testi inerenti le tematiche dell’immigrazione”.
La sua frase razzista, tanto grave quanto frequente sul web, era stata scritta sul profilo privato della coordinatrice locale di Forza Italia, Caterina Pinelli, e nel gruppo “Sei di Portogruaro se” (completamente estranei ai fatti). L’uomo, la cui posizione è stata stralciata, era in buona compagnia: altri tre veneti verranno giudicati per lo stesso reato. Uno “ha invitato su Facebook a lavare i richiedenti asilo con la benzina e a asciugarli con il lanciafiamme”, il secondo ha suggerito di versargli addosso “l’acido delle batterie” e di dare “fuoco al palazzo con loro dentro”, e il terzo, recidivo, ha pubblicato la foto di un cappio.